martedì 16 marzo 2010

"L'uomo stocastico" di Robert Silverberg


"Si nasce per caso in un universo governato dal caso [...]Anch'io, un tempo, ho creduto a qualcosa del genere.[...] Invecchiando ho capito che il mondo e la realtà sono meno terribili e catastrofici.[..] Causa ed effetto, sempre causa ed effetto. L'universo può anche essere senza scopo, ma certamente ha un disegno"
In queste poche righe, estratte dall'intrigante incipit dell'opera di Silverberg, è riassunta la vicenda vissuta dal protagonista de "L'uomo stocastico".
Lew Nichols, da esperto di teoria probabilistica, in grado di studiare il contesto e individuare i suoi più probabili sviluppi, acquisisce la capacità di vedere nel futuro, grazie al suo mentore Carvajal. E scopre che il futuro è immutabile, almeno quanto il passato, e qualsiasi tentativo di cambiarlo è destinato al fallimento.
Intorno a questi assunti è costruito il romanzo, certamente interessante e narrato con una prosa ricca e mai stucchevole, che tuttavia finisce per deludere.
Infatti, il comportamento dei protagonisti, date queste premesse, risulta del tutto incomprensibile, perché in contraddizione con gli assunti di partenza.
Se il futuro è immutabile, a che cosa può servire dare consigli, come fanno - addirittura per professione - Nichols e Carvajal, per approntare misure idonee a contrastarne sviluppi negativi?
Se le "contromisure" non fanno parte del futuro previsto, non potranno nemmeno mai farvi ingresso.
E poi ancora: Carvajal è contraddistinto da un alone di grigiore, che permea tutta la sua figura e i suoi pensieri: si scopre che ciò è dovuto al fatto di aver "visto" la propria morte. Invece, la consapevolezza che il destino dell'uomo è quello di vivere "recitando da comparsa un copione già scritto", non pare turbarlo e anche il protagonista pare accettarlo di buon grado. Anzi, non dubita nemmeno di quanto rivelatogli da Carvajal, risparmiando così anche all'autore di mostrare cosa succederebbe se si cercasse di mutare il destino previsto. Per la verità, date tali premesse, ci si aspetterebbe di vedere il protagonista perdere ogni interesse in un futuro (e in una vita) solo "da leggere", invece nel finale addirittura...
Come ho già detto, questo romanzo di Silverberg è risultato una delusione. Per un verso, la ricca prosa dell'autore ne rende la lettura gradevole e insieme a qualche felice intuizione contribuisce ad alimentare l'interesse del lettore. D'altra parte, tutte le attese vengono tradite a causa della superficialità  con la quale sono affrontate le problematiche poste e per lo scarso approfondimento psicologico dei personaggi.
Un peccato, perché lo spunto era proprio buono.

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mercoledì 10 marzo 2010

Terrore (e tunnel) in una piccola città



Per quanti fumetti di super eroi abbia letto o possa leggere, rimarrò sempre legato al ciclo dei Fantastici Quattro di John Byrne. Attendevo quasi con apprensione l'uscita di ogni numero, ne centellinavo ogni pagina, ammiravo ogni tavola e assaporavo ogni parola di quelle storie.
E, mettendo da parte il valore del Byrne disegnatore, non credo che altri autori dopo di lui siano riusciti a conferire altrettanto spessore ai protagonisti e a tutto il pantheon di comprimari, con storie brillanti eppure ancorate alla tradizione della serie. 
Numero dopo numero, mi chiedevo dove Byrne andasse a scovare le idee.
Ebbene, a distanza di tanti anni, credo di avere finalmente individuato almeno una delle possibili fonti d'ispirazione per uno dei miei episodi preferiti dell'autore canadese,  "Terrore in una piccola città".
Questa storia inizia raccontandoci come sarebbe forse stata la vita dei nostri 4 eroi se non fossero incappati nei raggi cosmici: vite ordinarie, lontano dagli eroismi e dalle battaglie. Ma è davvero così? Non c'è mai stato il viaggio con il razzo di Reed? E allora, perché tutti e quattro sono ossessionati dal medesimo sogno, in cui vi si immaginano a bordo? Si tratta di un trucco del dottor Destino, che ha trasferito le loro coscienze in altrettanti, minuscoli, robot, cancellando i ricordi di quell'esperienza, nel tentativo di imprigionarli in una tranquilla, preordinata (e più felice?) vita.
Se siete lettori di fantascienza, forse avete già visto le similitudini che ricorrono tra il racconto di Byrne e quello, famoso e bellissimo, dell'autore Frederik Pohl, "Il tunnel sotto il mondo", da me solo recentemente scoperto su un vecchio numero (il 1479) di Urania.
E se l'idea di base è praticamente la stessa, l'ammirazione nei confronti di Byrne rimane comunque immutata, se non accresciuta. Infatti, riesce nell'intento di raccontare la stessa, complessa, vicenda, traducendo nelle sue tavole la stessa atmosfera, ma cucendo gli eventi addosso ai quattro protagonisti (oltre ai più classici comprimari) in modo da renderla a tutti gli effetti una storia dei "Fantastici Quattro", indipendente, anche nel bellissimo finale, da quella dii Pohl.
Diavolo di un Byrne! A distanza di tanti anni, riesci ancora a sorprendermi.


lunedì 1 marzo 2010

Costanzo direttore de "Il Giallo Mondadori"

Apprendo con sorpresa della investitura di Maurizio Costanzo al ruolo di direttore responsabile della storica testata mondadoriana.
E non so cosa aspettarmi. Da un lato credo che abbia dato moltissimo al mondo della televisione, anche dal punto di vista culturale. Dall'altro credo che abbia tolto moltissimo al mondo della televisione, soprattutto dal punto di vista culturale, sdoganando il trash di cui ancora non si riesce a liberarsi.
E mi spaventa anche il proposito espresso nell'editoriale in cui si è presentato al pubblico: avvicinare al Giallo lettori più giovani, dai quaranta in giù.
Ora, io non ho nulla contro il pubblico giovane, visto che, tra l'altro, ne faccio  parte. Temo solo che gli strumenti adottati per raggiungerlo siano gli stessi impiegati per incrementare gli ascolti della domenica pomeriggio: l'equivalente letterario di oche starnazzanti e liti inascoltabili.
Speriamo in bene.