venerdì 13 maggio 2011

I vermi conquistatori di Brian Keene

Per motivi che saprebbe spiegare solo uno psicologo, continuo a provare un certo interesse per gli horror a base di vermi. In più, il libro di Keene pareva presentare una situazione simile a quella di un romanzo a cui sono affezionato, La casa dalle finestre nere di Simak.
In realtà, la trama del romanzo di Keene ha poco o nulla a che vedere con quella del romanzo di Simak.
La fine del mondo è vicina. Piove da più di quaranta giorni senza sosta, e la Terra è un'immensa distesa d'acqua punteggiata da poche terre ancora affioranti.
Tra i pochi sopravissuti, troviamo in cima a una collina il vecchio Teddy, un ultraottantenne, rimasto vedovo e in piena crisi d'astinenza da nicotina, perché ovviamente il suo amato tabacco da masticare è ormai introvabile. Il cortile di casa da qualche giorno pullula di vermi, ne è ricoperto da uno strato sempre più spesso e strani buchi nel terreno che hanno inghiottito intere case suggeriscono che qualcosa di più grosso di qualche lombrico sia all'opera.
L'unica buona notizia per Teddy è che il suo miglior amio è ancora vivo e pronto a dargli manforte.
La scrittura di Keene è abbastanza efficace nell'evocare le immagini di una Terra vicina ai suoi ultimi giorni, ma la sua opera non regala grandi emozioni. Il protagonista Teddy non ha alcun tratto peculiare, non è particolarmente simpatico, non ha difetti evidenti oltre alla dipendenza dal tabacco e non compie alcun percorso personale nell'arco del racconto. Questo perché ha già perso tutto (l'amata moglie), ancora prima che la fine del mondo abbia inizio e non pare turbarlo particolarmente nemmeno la sicura dipartita dei figli.

Invece risulta di maggior spessore e più riuscito il flashback che interrompe la trama principale e racconta di un gruppo di persone intrappolate in cima a un grattacielo in una metropoli allagata, alle prese con un gigantesco mostro marino.
A mio parere, un'opera riuscita solo in parte.