giovedì 30 giugno 2011

E poi dicono che gli americani...


"Alex scosse la testa e si passò una mano tra i capelli neri tagliati corti. La mascella squadrata e gli zigomi pronunciati non lo lasciavano mai a corto di attenzioni femminili. Ma una vita complicata e pericolosa comportava l'impossibilità di allacciare relazioni stabili. Alex era stato addestrato a vincere, a combattere e a primeggiare in qualunque situazione, ma sentiva che alcune cose erano al di là delle sue capacità. Non avrebbe mai potuto concedersi una vita normale, paarlare del suo lavoro, condividere i fallimenti e i successi con qualcuno che fosse al di fuori della cerchia dei suoi compagni d'armi.
E ora, dopo l'ìincidente capitatogli in missione, era più solo che mai."
(Da "Ghiaccio nero" di Greg Beck, su Segretissimo n. 1574)

Evviva l'originalità e lo "show, don't tell!"
Questa introduzione del protagonista mi ha ricordato un episodio di Magnum P.I. in cui Rick e T.C. si erano messi in testa di scrivere un best seller d'avventura e il frutto ridicolo delle loro fatiche erano pezzi molto simili a quello su riportato. Però loro non arrivavano a essere pubblicati, come invece è toccato in sorte a tale Greig Beck!
Viviamo in un mondo ingiusto.

sabato 25 giugno 2011

Lee Child e il giusto numero di parole per raccontare una storia

Dopo "Zona pericolosa" mi sono accinto la settimana scorsa a leggere un altro romanzo di Lee Child, "Trappola mortale."
Anche questo ha per protagonista l'ex ufficiale della polizia militare Jack Reacher, che tanta fortuna ha dato al suo autore.
Anche quest'opera ha destato in me le perplessità che avevo avuto leggendo la prima avventura di Reacher.
Child pigia forte sull'acceleratore e le prime cento pagine le si divora in un lampo. Gli basta un preambolo minimo e ci si ritrova con il protagonista alle prese con un omicidio, a propria volta inseguito da un paio di killer e alle prese con una vecchia fiamma mai dimenticata.
In poche parole, non dovrebbe mancare nulla per tenere il lettore avvinghiato al libro.
E se in effetti Child pare ben sapere quali siano gli ingredienti da mescolare per raccontare una storia avvincente, non mi pare che le sue scelte formali siano altrettanto condivisibili.
Prima di tutto, opta per un piatto stile giornalistico del tutto estraneo all'ironia o all'umorismo in generale. E va bene, stiamo seguendo le vicende di un eroe duro e puro, di un cavaliere senza macchia, ma magari una battutina ogni tanto - giusto per alleggerire un po' l'esposizione - la si potrebbe anche infilare. Nemmeno quando descrive la nuova dieta del protagonista - basata sul "mangia quanto vuoi" ma bevi almeno sei litri di acqua al giorno - Child strizza l'occhio al pubblico o si permette di prendere un po' in giro il bellimbusto che ha inventato.
Oltre a questo, Child si dimostra un cieco seguace dello "show, don't tell", portato alle estreme conseguenze. Segue i diversi protagonisti della vicenda in ogni momento e descrive in modo minuzioso ogni loro azione. E non si può certo dire che siano tutte degne di nota, anzi. Un esempio: un personaggio mette in vendita il proprio appartamento? Bene, il lettore assiste a tutta la telefonata con l'agenzia immobiliare.  Certo, era un'azione utile a connotare la psicologia del personaggio, ma forse due righe secche di "raccontato" avrebbero portato allo stesso risultato senza annoiare.
Consegueza diretta? Ho abbandonato la lettura, poco oltre la metà. La sensazione che l'autore menasse il can per l'aia era insopportabile. Non ho trovato virtuosismi letterari (non che li stessi cercando o li pretendessi proprio da Child), non ho intravisto trovate particolarmente brillanti, ma soprattutto mi ha dato fastidio la sensazione di essere "intrattenuto".
Adesso sono alle prese con "Hot kid" di Elmore Leonard. E per ora ne consiglierei davvero la lettura. Anche a Child.   

Addio anche a te

Grazie per tutte quelle domeniche pomeriggio.
Spero che tu abbia avuto il tempo di collegare tutti i tuoi fili pendenti...o che abbia modo di proseguire a farlo anche ora. Ti riusciva proprio bene.