lunedì 25 febbraio 2008

Cose (non) lette & cose viste




Gli uomini vuoti di Dan Simmons. Ogni volta che vedo il nome di Dan Simmons sulla copertina di un libro, mi aspetto di essere portato di nuovo sulle vette toccate dall'autore in Hyperion. Evidentemente nessuno nasce maestro, e questa opera prima, recentemente apparsa su Urania, si è rivelata una delusione.
Va bene, sei uno dei pochi telepati presenti sulla Terra; Ok, tua moglie, guarda caso, è una telepate anche lei e muore, lasciandoti un grande vuoto dentro. Ma dico, con tutto questo alle spalle, vai a pescare e... ti imbatti pure in un gangster che vuole sbarazzarsi di un cadavere? Per me è un po' troppo, caro Dan.

Il Professionista di John Grisham. Ho adorato alcuni legal thriller di Grisham. Il socio, il momento di uccidere, il rapporto Pelican e anche L'appello. Sinceramente non capisco come un autore che conosce così profondamente i meccanismi della tensione e del colpo di scena, e che ha elaborato tante trame intelligenti, abbia dato alle stampe una storia tanto scialba. Temo l'abbia fatto solo perché l'argomento, il football americano, gli avrebbe garantito ottime vendite. L'azione si svolge in Italia, a Parma, ma nemmeno questo è riuscito a farmi superare pagina 100.

Sogni e delitti di Woody Allen. Che dire? A me il vecchio Woody è sempre piaciuto parecchio. Il suo precedente thriller, Match point, mi aveva favorevolmente colpito, e quest'ultimo, pur non essendo allo stesso livello, si è rivelato un'opera comunque intelligente e avvincente. Se volete fare la conoscenza di due fratelli parecchio ambiziosi, e siete curiosi di sapere fin dove ci si può spingere per realizzare un sogno, non perdetelo.

Trenta giorni di buio di David Slade. Potevo perdere un film di vampiri tratto dal fumetto di Steven Niles? Ovviamente no.
Devo dire che mi ha divertito molto. Si tratta di una storia horror montata sulla struttura di un vecchio western. Un gruppo di vampiri prende di mira un villaggio dell'Alaska in cui la notte dura 30 giorni. Tutto il tempo di fare un abbondante banchetto senza essere interrotti, pensano loro! Ma il buon sceriffo del villaggio ha qualcosa da dire in proposito.
Avvincente, cattivo il giusto e con un finale degno di Mezzogiorno di fuoco. Consigliato!

lunedì 18 febbraio 2008

L'uomo con il cappello sta arrivando!

Adoro sentire lo schiocco di quella frusta!


Mi chiedo quale sarà la frase-tormentone di questo film, dopo la mitica "seguitemi, conosco la strada!"

domenica 17 febbraio 2008

Into the wild


Che cosa faccio dopo la laurea? Mi iscrivo a un master? A un corso di lingue all'estero? Accetto uno stage nella speranza che qualcuno si accorga di me e mi assuma?
Oppure dono i miei risparmi in beneficienza, volto le spalle alle regole precostituite della società e faccio rotta verso l'Alaska, per vivere solo secondo le leggi della natura, libero da ogni altro vincolo?
Chris, il protagonista del film di Sean Penn, tratto da una storia vera, abbandona genitori e sorella e sceglie quest'ultima opzione.
Ha un'inclinazione innata per l'avventura, e a ventuno anni si sente già disgustato dai compromessi e dalle bugie della vita cittadina.
E' ingenuo e testardo, come solo può essere un ventunenne, ma fa tesoro di ogni esperienza e di ogni incontro, tanto da trasformare ciò che sembra una fuga in una vera e propria ricerca.
Chris fugge dalle imposizioni e dalle scelte obbligate, ma solo per capire cosa sia la vera felicità e quali siano le cose realmente importanti.
L'argomento potrà essere trito, ma il film di Sean Penn è bello e toccante, e ci pone di fronte a interrogativi rilevanti, a cui è difficile, e scomodo, dare risposta.
Quanto della nostra esistenza abbiamo davvero deciso e quanto invece abbiamo accettato passivamente? Siamo davvero ciò che avremmo voluto o ci siamo lasciati portare dalla corrente? E' giusto volgere le spalle anche a chi ci vuole bene pur di raggiungere la libertà assoluta?
Chris sembra aver trovato la propria risposta per ognuno di questi interrogativi e la sua vita, ricostruita da Sean Penn grazie al diario di viaggio di Chris, è divenuta un film dalla fotografia mozzafiato e dal forte impatto emotivo. La bellissima colonna sonora di Eddie Vedder è tanto struggente da rendere ancor più vibrante la partecipazione dello spettatore.
Vedetelo.

p.s. Visto il film, mi sono tornate in mente le parole di un libro che non leggevo da un po': "Ognuno deve lasciarsi qualche cosa dietro quando muore, diceva sempre mio nonno:un bimbo, o un libro o un quadro o una casa o un muro eretto con le proprie mani o un paio di scarpe cucite da noi.O un giardino piantato col nostro sudore. Qualche cosa insomma che la nostra mano abbia toccato in modo che la nostra anima abbia dove andare quando moriamo, e quando la gente guarderà l'albero o il fiore che abbiamo piantato, noi saremo là." - Ray Bradbury

mercoledì 6 febbraio 2008

Segnalazione!

Vagando per la rete ho trovato questo blog, di alcuni ragazzi di Modena, che sento vicini nello spirito.
Magari, fateci un salto!
Preferisco leggere

Ancora su Dexter

Parlando con un amico, mi sono reso conto di non aver centrato in pieno l'obiettivo con l'ultimo post.
In effetti, dalle voci che circondavano la serie, mi sarei aspettato qualcosa di diverso.
Un autentico serial killer che lavora per la polizia.
Ma può essere considerato tale un assassino che rispetta un codice morale, che frena la propria natura assassina?
E poi, perché dotarlo di simili caratteristiche? E' solo un modo di moralizzare la serie? O è un sistema come un altro per garantire l'evoluzione psicologica del personaggio?
Come ho già detto, l'approfondimento in Dexter non è eccelso. Però la serie induce alla riflessione e questo, di per sè, è già un merito.

lunedì 4 febbraio 2008

Dexter


Nel week end ho completato la visione della prima stagione di Dexter.
Per chi ancora non lo sapesse, il protagonista della serie, Dexter, appunto, conduce una doppia esistenza; di giorno lavora per la polizia scientifica di Miami in qualità di esperto in macchie di sangue. No, non lavora per la lavanderia interna al dipartimento: giunto sul luogo di un crimine, riesce a ricostruirne la dinamica studiando la forma e le dimensioni delle tracce ematiche.
Fin qui, potrebbe sembrare uno spin-off di CSI; la differenza consiste nel fatto che Dexter è a propria volta un serial killer.
Uccide però solo "chi se lo merita": in altre parole, sfoga le proprie pulsioni omicide solo su criminali e assassini, a cui dà la caccia e che toglie dalla circolazione a beneficio della comunità e per proprio diletto.
Anche se l'approfondimento psicologico non può dirsi eccelso, la prima stagione è decisamente intrigante.
L'evoluzione della psicologia del protagonista rappresenta il motivo di principale interesse, ma la rete di intrighi in cui si trova a poco a poco invischiato assicura grande suspence fino all'epilogo.
Forse qualcuno potrà torcere il naso, dubitando che sia opportuno fare di un serial killer il protagonista di una trasmissione televisiva. Nel rammentare che l'idea non è poi del tutto originale (il più celebre serial killer della fiction, Annibal Lecter ha già un decennio sul groppone e il Punitore dei fumetti Marvel presenta ben più di un punto di contatto con Dexter), è il caso di osservare che gli sceneggiatori stanno ben attenti a non fare del loro protagonista un "eroe": fa da controcanto alla sua povera esistenza una colonna sonora di musiche caraibiche tanto allegra da risultare stridente, che sembra voler costantemente provocare una cosciente partecipazione dello spettatore. Sembra poi che sia presto in arrivo un esplicito giudizio sulle gesta di Dexter, espresso dalla sua fidanzata, il personaggio più puro della serie, in procinto di scoprire cosa le nasconde la sua "dolce metà."
Insomma, una buona serie, per spettatori adulti chiamati a guadagnarsi i brividi con qualche riflessione.

sabato 2 febbraio 2008

Una birra dal passato


Ogni tanto il mio cervello sembra sentire il bisogno di ricordare posti in cui sono stato recentemente.
C'è chi dice che sono troppo nostaglico e che dovrei essere più proiettato verso il futuro. Però a me piace proprio buttare un occhio indietro e assaporare i ricordi. Voglio lasciare indietro meno pezzi possibile.
Questa settimana, complice un prossimo viaggio a Praga di alcuni amici, non riesco a togliermi dalla testa questa birreria di Praga, in cui sono stato lo scorso giugno.
E' situata all'interno di una piazzetta riparata, nel mezzo del quartiere commerciale della città, ben protetta dal frastuono.
I locali del piano terreno non rappresentano nulla di speciale, essendo arredati come il più comune dei nostri pub.
Quelli al primo piano, invece, dove si consumano i pasti, sono tutt'altra cosa e conservano parte del fascino che la birreria doveva avere più di un secolo fa, quando aprì.
Tavoli e credenze in legno e grandi stufe di ceramica creano un'atmosfera serena, quasi ovattata, ideale per sorseggiare birra (rigorosamente Pilsner), e perdersi nel piacere di una conversazione.
Se chiudo gli occhi, sono di nuovo lì, seduto a bere birra, a guardare la piccola piazza dalla finestra, in ottima compagnia.