mercoledì 10 marzo 2010

Terrore (e tunnel) in una piccola città



Per quanti fumetti di super eroi abbia letto o possa leggere, rimarrò sempre legato al ciclo dei Fantastici Quattro di John Byrne. Attendevo quasi con apprensione l'uscita di ogni numero, ne centellinavo ogni pagina, ammiravo ogni tavola e assaporavo ogni parola di quelle storie.
E, mettendo da parte il valore del Byrne disegnatore, non credo che altri autori dopo di lui siano riusciti a conferire altrettanto spessore ai protagonisti e a tutto il pantheon di comprimari, con storie brillanti eppure ancorate alla tradizione della serie. 
Numero dopo numero, mi chiedevo dove Byrne andasse a scovare le idee.
Ebbene, a distanza di tanti anni, credo di avere finalmente individuato almeno una delle possibili fonti d'ispirazione per uno dei miei episodi preferiti dell'autore canadese,  "Terrore in una piccola città".
Questa storia inizia raccontandoci come sarebbe forse stata la vita dei nostri 4 eroi se non fossero incappati nei raggi cosmici: vite ordinarie, lontano dagli eroismi e dalle battaglie. Ma è davvero così? Non c'è mai stato il viaggio con il razzo di Reed? E allora, perché tutti e quattro sono ossessionati dal medesimo sogno, in cui vi si immaginano a bordo? Si tratta di un trucco del dottor Destino, che ha trasferito le loro coscienze in altrettanti, minuscoli, robot, cancellando i ricordi di quell'esperienza, nel tentativo di imprigionarli in una tranquilla, preordinata (e più felice?) vita.
Se siete lettori di fantascienza, forse avete già visto le similitudini che ricorrono tra il racconto di Byrne e quello, famoso e bellissimo, dell'autore Frederik Pohl, "Il tunnel sotto il mondo", da me solo recentemente scoperto su un vecchio numero (il 1479) di Urania.
E se l'idea di base è praticamente la stessa, l'ammirazione nei confronti di Byrne rimane comunque immutata, se non accresciuta. Infatti, riesce nell'intento di raccontare la stessa, complessa, vicenda, traducendo nelle sue tavole la stessa atmosfera, ma cucendo gli eventi addosso ai quattro protagonisti (oltre ai più classici comprimari) in modo da renderla a tutti gli effetti una storia dei "Fantastici Quattro", indipendente, anche nel bellissimo finale, da quella dii Pohl.
Diavolo di un Byrne! A distanza di tanti anni, riesci ancora a sorprendermi.


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