La foresta è uno degli ultimi romanzi
di Lansdale che mi è capitato di leggere. Meglio di tanti altri
dell'autore texano, è un concentrato delle sue caratteristiche, in
positivo e in negativo.
Si tratta di una storia ambientata nel
vecchio west. Jack, l'adolescente protagonista del racconto, perde i
genitori a causa di un'epidemia di vaiolo e si mette in viaggio con
la sorella e il nonno per trasferirsi da una zia. Ma il viaggio avrà
fin da subito un esito imprevisto. Infatti i nostri si imbattono in
una banda di fuorilegge che uccidono il nonno e rapiscono la sorella
di Jack. E siccome i rappresentanti della legge paiono poco
interessati a mettersi sulle tracce della banda, Jack decide di
salvare sua sorella grazie all'aiuto di due cacciatori di taglie, un
nano che ha imparato l'arte di sparare al Wild West Show e un nero
enorme.
Inseguire la banda non sarà per niente
facile e lungo il percorso che lo porterà al luogo dove si è
nascosta, all'interno della immensa Foresta che dà il titolo al
romanzo, Jack avrà modo di aprire gli occhi sui fatti della vita, di
scoprire che forse le cose non erano proprio come se le era
immaginate o come gli erano state descritte, che molte persone, a
partire da quelle che credeva di conoscere, forse non erano proprio
come dicevano di essere e, in generale, di mettere alla prova le
proprie convinzioni e i propri ideali. Perché forse nemmeno lui è
proprio come pensa di essere. E quando arriverà alla fine del
viaggio e si confronterà con i membri della banda di criminali, avrà
già compiuto azioni tali da renderlo una persona diversa dal
ragazzino che era all'inizio del romanzo.
I suoi gesti rimarranno conciliabili
con i suoi ideali?
Dopo una prima parte che si legge in un
amen, in cui Lansdale ci presenta i personaggi e fa succedere di
tutto, la narrazione si sgonfia un po'. I momenti di pausa si
susseguono con maggior frequenza e affiorano appunto alcuni dei
difetti che spesso ho attribuito a Lansdale.
I dialoghi tra i personaggi sono sempre
spiritosi e spesso decisamente brillanti, ma a volte i battibecchi
tra i protagonisti paiono messi lì più per intrattenere il lettore
e riempire un buco narrativo, che per assolvere a una vera funzione
nel racconto. Mancano di spontaneità e paiono invece decisamente
forzati.
Nello stesso tempo, le metafore
“colorite” alle quali ricorre la voce narrante del protagonista
sono in alcuni casi addirittura memorabili, tanto sono divertenti.
E alcune scene tipiche di un racconto
western, come i conflitti a fuoco, un'impiccagione, l'incursione del
protagonista in un bordello e i suoi tentativi di ottenere l'aiuto di
uno sceriffo, non solo danno al lettore il divertimento che cerca, ma
offrono anche ai personaggi parecchi spunti di riflessione su temi
“alti”. E in materia, il nano pistolero si rivelerà una vera
sorpresa.
Forse Lansdale non colpisce proprio il
centro del bersaglio quando vuole fare di questo “La foresta” un
romanzo di formazione, ma il romanzo rimane comunque una lettura
piacevole e divertente.
E questo non mi pare poco.
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