Grazie per tutte quelle domeniche pomeriggio.
Spero che tu abbia avuto il tempo di collegare tutti i tuoi fili pendenti...o che abbia modo di proseguire a farlo anche ora. Ti riusciva proprio bene.
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sabato 25 giugno 2011
lunedì 23 marzo 2009
Stavo col Libanese!!
Ci sarà di sicuro chi sostiene che si tratta dell'ennesimo prodotto "localizzato" sfornato dall'industria della fiction italiana, ennesima prova della propria incapacità di esprimere qualcosa di veramente "universale".
C'è anche chi dice (e scrive) che non avrebbe gran valore, in quanto opera derivata da un romanzo, dal quale era già stata tratta una versione cinematografica. Un esercizio inutile, insomma.
Per quanto mi riguarda, "Romanzo Criminale" è stata una delle più belle sorprese televisive degli ultimi anni. E chi sostiene il contrario non sa cosa sia una bella serie.
La storia della banda della Magliana, dei suoi membri e dei suoi nemici, ha animato dodici episodi caratterizzati da una perfetta ricostruzione scenografica, da una regia brillante e da un'ottima recitazione.
Il Libanese, il Freddo, Dandi, Bufalo e gli altri membri della "batteria" si macchiano dei delitti più turpi, si lasciano corrompere dal "potere" conquistato a suon di pallottole, si perdono senza rimedio e si dimostrano capaci di imprevedibili gesti di amicizia.
Il Libanese, il Freddo, Dandi, Bufalo e gli altri membri della "batteria" si macchiano dei delitti più turpi, si lasciano corrompere dal "potere" conquistato a suon di pallottole, si perdono senza rimedio e si dimostrano capaci di imprevedibili gesti di amicizia.
I traffici della banda, che gradualmente si estendono sino a intrecciarsi alla mafia e alla camorra, e attirano l'attenzione di quelle forze che hanno segnato la storia del nostro Paese negli anni di piombo, trascinano lo spettatore in modo irresistibile alla scoperta di un'Italia violentissima, così lontana eppure così terribilmente vicina a quella attuale.
Intelligente, avvincente, e, perché no, toccante.
Intelligente, avvincente, e, perché no, toccante.
venerdì 17 ottobre 2008
In treatment

Non credo di essere originale se accomuno la televisione a un buco della serratura, dal quale spiare in tutta tranquillità, senza paura che qualcuno ci sorprenda.
'In treatment', serie televisiva americana da poco nei palinsesti di Sky, ha acuito in me la sensazione di intromettermi in affari altrui, perché questa volta la scena che appare davanti al buco della serratura è costituita dalla stanza in cui uno psicologo (Gabriel Byrne) riceve i propri pazienti.
E per tutta la durata dell'episodio lo spettatore (lo spione?) assiste solo alla conversazione tra questi e il terapista. Non ci sono stacchi. La scena rimane solo quella: un dialogo tra due persone.
Qualcuno potrebbe ritenere che uno spettacolo televisivo in cui non succede sostanzialmente nulla sia noioso. Invece 'In treatment' non lo è affatto.
All'interesse voyeuristico nascente dalla consapevolezza di assistere a un colloquio riservato, gli autori uniscono una grande perizia nella costruzione dei dialoghi. Così, se anche la scena rimane in effetti sempre la stessa, le parole del paziente di turno ci catturano: scivolano di continuo dal passato al presente, omettono, nascondono (anche a sé stessi), riferiscono dettagli che al momento paiono inutili o allusivi, ma che infine delineano la storia di un'esperienza significativa o addirittura la storia di una persona.
Una serie concepita in modo intelligente e ben recitata, che non ha bisogno di effetti speciali per avvincere perché si serve al meglio del potere evocativo delle parole.
mercoledì 6 febbraio 2008
Ancora su Dexter
Parlando con un amico, mi sono reso conto di non aver centrato in pieno l'obiettivo con l'ultimo post.
In effetti, dalle voci che circondavano la serie, mi sarei aspettato qualcosa di diverso.
Un autentico serial killer che lavora per la polizia.
Ma può essere considerato tale un assassino che rispetta un codice morale, che frena la propria natura assassina?
E poi, perché dotarlo di simili caratteristiche? E' solo un modo di moralizzare la serie? O è un sistema come un altro per garantire l'evoluzione psicologica del personaggio?
Come ho già detto, l'approfondimento in Dexter non è eccelso. Però la serie induce alla riflessione e questo, di per sè, è già un merito.
In effetti, dalle voci che circondavano la serie, mi sarei aspettato qualcosa di diverso.
Un autentico serial killer che lavora per la polizia.
Ma può essere considerato tale un assassino che rispetta un codice morale, che frena la propria natura assassina?
E poi, perché dotarlo di simili caratteristiche? E' solo un modo di moralizzare la serie? O è un sistema come un altro per garantire l'evoluzione psicologica del personaggio?
Come ho già detto, l'approfondimento in Dexter non è eccelso. Però la serie induce alla riflessione e questo, di per sè, è già un merito.
lunedì 4 febbraio 2008
Dexter

Nel week end ho completato la visione della prima stagione di Dexter.
Per chi ancora non lo sapesse, il protagonista della serie, Dexter, appunto, conduce una doppia esistenza; di giorno lavora per la polizia scientifica di Miami in qualità di esperto in macchie di sangue. No, non lavora per la lavanderia interna al dipartimento: giunto sul luogo di un crimine, riesce a ricostruirne la dinamica studiando la forma e le dimensioni delle tracce ematiche.
Fin qui, potrebbe sembrare uno spin-off di CSI; la differenza consiste nel fatto che Dexter è a propria volta un serial killer.
Uccide però solo "chi se lo merita": in altre parole, sfoga le proprie pulsioni omicide solo su criminali e assassini, a cui dà la caccia e che toglie dalla circolazione a beneficio della comunità e per proprio diletto.
Anche se l'approfondimento psicologico non può dirsi eccelso, la prima stagione è decisamente intrigante.
L'evoluzione della psicologia del protagonista rappresenta il motivo di principale interesse, ma la rete di intrighi in cui si trova a poco a poco invischiato assicura grande suspence fino all'epilogo.
Forse qualcuno potrà torcere il naso, dubitando che sia opportuno fare di un serial killer il protagonista di una trasmissione televisiva. Nel rammentare che l'idea non è poi del tutto originale (il più celebre serial killer della fiction, Annibal Lecter ha già un decennio sul groppone e il Punitore dei fumetti Marvel presenta ben più di un punto di contatto con Dexter), è il caso di osservare che gli sceneggiatori stanno ben attenti a non fare del loro protagonista un "eroe": fa da controcanto alla sua povera esistenza una colonna sonora di musiche caraibiche tanto allegra da risultare stridente, che sembra voler costantemente provocare una cosciente partecipazione dello spettatore. Sembra poi che sia presto in arrivo un esplicito giudizio sulle gesta di Dexter, espresso dalla sua fidanzata, il personaggio più puro della serie, in procinto di scoprire cosa le nasconde la sua "dolce metà."
Insomma, una buona serie, per spettatori adulti chiamati a guadagnarsi i brividi con qualche riflessione.
martedì 27 novembre 2007
Sospendiamolo! (all'italiana, però)

Realizzano uno sceneggiato su Totò Riina.
Lo intitolano "Il capo dei capi" anziché "Un delinquente" per non esaltarne troppo la figura.
Dopo sei puntate, qualcuno si accorge che l'epilogo della fiction potrebbe influenzare l'esito di indagini e/o procedimenti in corso e chiede la sospensione della messa in onda.
Nel frattempo, quelle trasmissioni esaltanti che chiamiamo telegiornali continuano a mostrarci atti di causa e a divulgare ogni dettaglio riservato su inchieste a dir poco delicate.
C'é qualcosa che non torna...
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mercoledì 10 ottobre 2007
Criminal Minds

Questo serial racconta le gesta di una squadra di profiler dell' FBI.
In sostanza, come suggerisce la parola, si tratta di agenti specializzati nella ricostruzione del profilo psicologico di un criminale, che si avvalgono di ogni elemento connesso alla scena del crimine, alla vittima e al contesto sociale in cui questa viveva, per dare la caccia al colpevole.
Se la confezione è nella media qualitativa degli altri serial che imperversano sugli schermi italiani in questo periodo, a lasciarmi perplesso è il contenuto.
In effetti, i veri protagonisti della vicenda non sono gli agenti, ma, come indica il titolo, i criminali che inseguono.
I delitti da questi commessi sono infatti tanto efferati da risultare disturbanti, e la figura perfida dell'omicida emerge in modo tanto netto da eclissare quella dei detective.
In effetti, è proprio sul carattere disumano dei crimini che sembrano puntare gli autori per catturare lo spettatore.
Mi è parso, in altre parole, che, anziché sul fascino dell'indagine di polizia, si scommetta sul basso istinto voyeuristico.
Inoltre, è la stessa ferocia dell'omicida di turno a escludere che gli agenti dell'FBI possano dirsi vincitori anche dopo averlo catturato.
Il criminale viene assicurato alla giustizia, ma, con lui, perdiamo un po' tutti per i crimini terribili che ha commesso.
Se non vi basta ciò che si sente al telegiornale può essere quello che cercate, altrimenti state alla larga da Criminal Minds.
lunedì 17 settembre 2007
Grazie, Heroes!

Non so se sia così anche per gli altri, ma essere un lettore di fumetti, a volte, mi dà l'impressione di appartenere a una società segreta.
Le persone con cui parlare della propria passione sono poche (almeno rispetto al numero di quelle che frequento) e, quando i non-credenti mi sentono parlare di fumetti, mi guardano come se fossi una bestia rara (speriamo non in via di estinzione).
Non posso pertanto che essere contento dell'apparizione in TV del serial “Heroes”, di cui ho visto ieri le prime due puntate, con un ritardo enorme rispetto al resto del mondo.
Il successo planetario del serial mi fa gioire. Non so ancora dire se sia meritato, ma mi fa gioire comunque.
Vedere sdoganate a favore del “grande pubblico” le tematiche che hanno fatto da sfondo a tante mie letture è stata una soddisfazione, di quelle che ti fanno dire “E solo adesso ci siete arrivati?!”.
E poi, non solo gli amati eroi Marvel di Stan Lee paiono aver fornito ben più di qualche spunto per il serial, ma un personaggio, che è già il mio preferito, cita esplicitamente Kitty Pryde (se non sapete chi è, vergogna!), uno dei più bei cicli degli X-Men di sempre ed è addirittura iscritto al Fan Club degli Eroi Marvel!
Che dire?
Al momento, senza sbilanciarmi oltre, mi limito a: “Grazie Heroes per aiutare a diffondere il Verbo!”
Le persone con cui parlare della propria passione sono poche (almeno rispetto al numero di quelle che frequento) e, quando i non-credenti mi sentono parlare di fumetti, mi guardano come se fossi una bestia rara (speriamo non in via di estinzione).
Non posso pertanto che essere contento dell'apparizione in TV del serial “Heroes”, di cui ho visto ieri le prime due puntate, con un ritardo enorme rispetto al resto del mondo.
Il successo planetario del serial mi fa gioire. Non so ancora dire se sia meritato, ma mi fa gioire comunque.
Vedere sdoganate a favore del “grande pubblico” le tematiche che hanno fatto da sfondo a tante mie letture è stata una soddisfazione, di quelle che ti fanno dire “E solo adesso ci siete arrivati?!”.
E poi, non solo gli amati eroi Marvel di Stan Lee paiono aver fornito ben più di qualche spunto per il serial, ma un personaggio, che è già il mio preferito, cita esplicitamente Kitty Pryde (se non sapete chi è, vergogna!), uno dei più bei cicli degli X-Men di sempre ed è addirittura iscritto al Fan Club degli Eroi Marvel!
Che dire?
Al momento, senza sbilanciarmi oltre, mi limito a: “Grazie Heroes per aiutare a diffondere il Verbo!”
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