mercoledì 9 settembre 2009

"Seeker" di Jack McDevitt



Viaggi verso lontani pianeti e incontri con civiltà aliene. Per quanto apprezzi le riflessioni sottese a certi racconti di fantascienza, alla fine sono questi i temi sci-fi che mi avvincono di più.
Ho quindi particolarmente apprezzato "Seeker" di Jack McDevitt, recentemente apparso sulle pagine di Urania.
Si tratta, in buona sostanza, di una sofisticata detective story, o per essere precisi, di un racconto di fantarcheologia: la protagonista del romanzo, dipendente di una società che commercia in manufatti antichi, entra in possesso di una tazzina recante il simbolo di una nave stellare dispersa da migliaia di anni, la Seeker, appunto. E non si tratta di una nave stellare qualunque: è stata utlilizzata per la migrazione di una colonia di antichi terrestri. Un viaggio senza ritorno, verso un pianeta dalla posizione segreta, per fondare una civiltà finalmente "libera". Trovare l'astronave potrebbe significare trovare anche l'antica colonia, sollevare il velo di mistero che grava sulla sua storia, e, magari rinvenire anche preziosi reperti.
Inizia così un'indagine che conduce la protagonista fino ai limiti dell'universo conosciuto e la costringe anche a confrontarsi con i Muti, l'unica razza aliena conosciuta, costituita da individui telepatici.
Il romanzo di McDevitt, vincitore del premio Nebula, è decisamente avvincente: i suoi punti di forza sono una prosa efficace, le innovative trovate per i moderni metodi di indagine della protagonista e l'efficacia con cui è tratteggiato il contatto con la razza aliena.
Alcuni dialoghi paiono un po' troppo forzati nel perseguire il loro intento informativo, ma che cavolo: se ti trovi a inseguire un pianeta scomparso e ambisci a dare un minimo di "realismo" alla ricerca, è un peccato che si può perdonare.

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