sabato 8 febbraio 2014

"La verità sul caso Harry Quebert"... impressioni a caldo

Ogni tanto mi lascio prendere dalla curiosità di leggere i romanzi che dominano le classifiche dei più venduti.
E così mi è capitato di inciampare ne “La verità sul caso Harry Quebert”, perché da qualche parte avevo letto che si trattava di un ottimo giallo, che parlava anche di scrittura. E la cosa mi aveva incuriosito.
Ora, per chi se lo fosse perso, la vicenda riguarda il delitto di una ragazzina di quindici anni, Nola, della quale era perdutamente innamorato, nell'estate del 1975, uno scrittore in erba di trent'anni, Harry Quebert, appunto, destinato a raggiungere il successo proprio narrando del suo amore impossibile per quella ragazza di molto più giovane di lui.


Ebbene, quasi quaranta anni dopo, il cadavere della ragazza, per tanti anni data per dispersa, viene rinvenuto nel giardino della casa dello scrittore, subito accusato dell'omicidio. A questo punto, Markus, allievo di Harry in crisi creativa dopo aver pubblicato un bestseller da un milione di copie, decide di indagare sulla vicenda, certo dell'innocenza del suo vecchio maestro. Lascia quindi New York e parte senza indugi verso Aurora, cittadina del New England, teatro della storia d'amore tra Harry e Nola, nonché dell'omicidio di quest'ultima.
Il racconto si dipana seguendo due linee temporali diverse: assistiamo alle vicende del 1975, narrate da Harry a Markus mentre quest'ultimo indaga nel presente per riuscire a dimostrare l'innocenza del suo mentore.
Così apprendiamo anche che Harry Quebert è uno scrittore di incredibile successo e il auo “L'origine del male” è un capolavoro inarrivabile, entrato nella storia della letteratura americana.
Ogni capitolo, poi, inizia con i consigli che Harry dava a Markus, quando questi tentava di apprendere i segreti del successo del suo maestro.
Ora, per quanto si è detto fin qui, potremmo anche trovarci di fronte a un romanzo giallo avvincente e magari anche interessante, dotato magari di notevoli momenti di approfondimento sul tema della scrittura.
E qui arrivano le dolenti note, a mio parere. Perchè da un autore capace di scrivere un “classico istantaneo”, parlo di Harry Quebert, ci si aspetterebbe di sentir snocciolare delle perle inarrivabili sui segreti della scrittura, e invece i consigli di Harry al proprio discepolo Markus sono simili a questo:
Il privilegio di uno scrittore, Markus, è quello di regolare i conti con i suoi simili tramite il suo lavoro. L'importante è non citarli per nome. Mai usare i nomi reali: significherebbe esporsi a querele e seccature.

Ora, non dico che un consiglio del genere avrebbe potuto darlo uno scrittore qualsiasi, senza dover essere capace di scrivere un capolavoro, ma penso che anche il primo che passa per strada, dotato di un minimo di buon senso, saprebbe arrivare a una conclusione simile.
Ma le delusioni, per quel che mi riguarda, non sono finite. Infatti, scopriamo che Harry e Nora, durante quella fatidica estate del 1975, si scrissero molte lettere d'amore. E ovviamente abbiamo il privilegio di poterne leggere alcune. E qui ci risiamo. Le attese nei confronti di ciò che potrebbe scrivere un autore che avrebbe toccato di lì a poco il suo inarrivabile apice creativo, per tradurre in parole il sentimento che lo rapiva alla vista della propria amata, così drammaticamente più giovane di lui, sono necessariamente alte.
Tutto quello che il nostro Harry Quebert riesce a mettere insieme per la sua Nola, però, è di questo tenore:
Tesoro mio, come puoi dire che non ti amo? Eccoti delle parole d'amore, parole eterne che vengono dal più profondo del mio cuore.
Parole per dirti che penso a te ogni mattina appena mi alzo e ogni sera quando vado a dormire. Il tuo viso è impresso dentro di me: quando chiudo gli occhi, vedo te. Oggi, all'alba, sono venuto davanti a casa tua. Devo confessartelo, lo faccio spesso. Ho guardato dalla finestra, era ancora buia. Ti ho immaginata nel tuo letto, addormentata come un angelo. [...]
E io credo davvero che una quindicenne, nella vita reale, scoppierebbe a ridere in faccia a uno scrittore di vent'anni più vecchio che le si presentasse preceduto da una lettera del genere.

Ora, a me non piace davvero fare recensioni negative, anche perché non mi sento certo in diritto di montare in cattedra, ma penso che sia lecito chiedersi perché questo, con tanti libri in commercio, abbia avuto un successo del genere. Non me lo so spiegare.

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