domenica 18 ottobre 2009
Una settimana da...giurato
Durante la settimana appena trascorsa, ho vissuto, con soddisfazione, una nuova esperienza: sono stato membro della giuria del Novara Cinefestival.
Il concorso è riservato ai cortometraggi e le opere provenivano da tutta Europa; quello di origine più remota, addirittura dalla Russia.
Anche se ero stato arruolato soprattutto per tenere d'occhio le molte opere di animazione in gara, la mia qualifica di "giurato" mi ha consentito di assistere alla proiezione della gran parte dei film.
Così, mi sono avvicinato a una forma espressiva che bazzico poco e che ho scoperto essere stimolante e brulicante di talenti.
Prima di tutto, ho potuto sgombrare il campo da un pregiudizio: "cortometraggio" non è affatto sinonimo di produzione dai mezzi poveri. Spesso, le opere avevano per protagonisti attori molto noti e alcune di esse si avvalevano di effetti speciali in CGI che hanno superato alla grande la prova del grande schermo (penso in particolare a questo film, ma anche a questa animazione).
Ma ciò che, a mio avviso, dovrebbe consigliare una maggiore attenzione da parte del pubblico per questa forma d'arte è rappresentato dall'efficacia espressiva e dall'intensità che spesso l'accompagnano.
Come avviene per i racconti letterari, anche nei cortometraggi l'autore non ha modo di nascondersi: la sintesi, imposta per definizione, obbliga la ricerca della soluzione più efficace per comunicare informazioni ed emozioni.
La storia deve fare immediata presa sul pubblico. I personaggi devono essere da subito delineati.
Così, da una limitazione che parrebbe penalizzante, nasce invece un punto di forza. Se ben utilizzato, il procedimento evocativo, nei cortometraggi, è in grado di raccontare e trasmettere molto più di quanto non appaia sullo schermo in pochi minuti.
E di opere notevoli, al Novara Cinefestival, ce n'erano davvero parecchie.
Sul sito della manifestazione ne trovate l'elenco: una semplice ricerca in rete vi guiderà ai trailer o, nel migliore dei casi, all' opera vera e propria.
Buona visione!
giovedì 1 ottobre 2009
Acquisti del mese
...perché ho letto la prima avventura del personaggio di Ghelfi e mi è proprio piaciuta: un mix di intrighi e malinconia tipici della Russia post comunista in stile "Gorky Park", con una massiccia dose di azione.
...perché questo numero dell'Indagatore dell'Incubo è scritto da Michele Medda, l' ottimo autore di Caravan.
...perché...c'è davvero bisogno di dirlo? Una biografia del Re, ricchissima di tavole e studi a matita. Dalle Edizioni BD
martedì 15 settembre 2009
Ricevo e volentieri pubblico!
DOMENICA 27 SETTEMBRE, in chiusura della manifestazione ASCOLI GAMES 2009 verrà presentato al pubblico l'ultimo film realizzato dallo STUDIO GHIBLI che vede alla regia il pluripremiato HAYAO MIYAZAKI: "PONYO SULLA SCOGLIERA". Dopo il successo ottenuto nelle sale italiane, viene ripresentato per dare a tutti la possibilità di vedere questo capolavoro della narrazione disegnata...
La manifestazione verrà svolta presso le sale del Centro di Aggregazione Giovanile "L'IMPRONTA" sito in Ascoli Piceno - P.zza Bonfini
L'appuntamento è quindi fissato per DOMENICA 27 SETTEMBRE ore 21:00 ... NON MANCATE !!!
L'INGRESSO E' TOTALMENTE GRATUITO!
http://dimensionefumetto.splinder.com/post/21315812/ASCOLI+GAMES+2009+%C3%A8+alle+port

La manifestazione verrà svolta presso le sale del Centro di Aggregazione Giovanile "L'IMPRONTA" sito in Ascoli Piceno - P.zza Bonfini
L'appuntamento è quindi fissato per DOMENICA 27 SETTEMBRE ore 21:00 ... NON MANCATE !!!
L'INGRESSO E' TOTALMENTE GRATUITO!
http://dimensionefumetto.splinder.com/post/21315812/ASCOLI+GAMES+2009+%C3%A8+alle+port

giovedì 10 settembre 2009
Caravan 4 - La storia di Carrie
Originale nel raccontare storie di persone qualsiasi, intelligente e persino - a tratti - commovente.
La miglior mini-serie Bonelli di sempre?
mercoledì 9 settembre 2009
"Seeker" di Jack McDevitt

Viaggi verso lontani pianeti e incontri con civiltà aliene. Per quanto apprezzi le riflessioni sottese a certi racconti di fantascienza, alla fine sono questi i temi sci-fi che mi avvincono di più.
Ho quindi particolarmente apprezzato "Seeker" di Jack McDevitt, recentemente apparso sulle pagine di Urania.
Si tratta, in buona sostanza, di una sofisticata detective story, o per essere precisi, di un racconto di fantarcheologia: la protagonista del romanzo, dipendente di una società che commercia in manufatti antichi, entra in possesso di una tazzina recante il simbolo di una nave stellare dispersa da migliaia di anni, la Seeker, appunto. E non si tratta di una nave stellare qualunque: è stata utlilizzata per la migrazione di una colonia di antichi terrestri. Un viaggio senza ritorno, verso un pianeta dalla posizione segreta, per fondare una civiltà finalmente "libera". Trovare l'astronave potrebbe significare trovare anche l'antica colonia, sollevare il velo di mistero che grava sulla sua storia, e, magari rinvenire anche preziosi reperti.
Inizia così un'indagine che conduce la protagonista fino ai limiti dell'universo conosciuto e la costringe anche a confrontarsi con i Muti, l'unica razza aliena conosciuta, costituita da individui telepatici.
Il romanzo di McDevitt, vincitore del premio Nebula, è decisamente avvincente: i suoi punti di forza sono una prosa efficace, le innovative trovate per i moderni metodi di indagine della protagonista e l'efficacia con cui è tratteggiato il contatto con la razza aliena.
Alcuni dialoghi paiono un po' troppo forzati nel perseguire il loro intento informativo, ma che cavolo: se ti trovi a inseguire un pianeta scomparso e ambisci a dare un minimo di "realismo" alla ricerca, è un peccato che si può perdonare.
mercoledì 26 agosto 2009
"Un anno terribile" di John Fante

Quando leggo che un autore è morto lasciando inedite alcune delle sue opere, penso subito che abbia deliberatamente scelto di tenerle per sé e ritengo spesso la loro pubblicazione postuma un atto di violenza.
Nel caso di "Un anno terribile", è lo stesso Fante a definire l'opera non importante e poco significativa in alcune lettere pubblicate in calce al volume, uscito appunto postumo, grazie all'intervento di sua moglie.
Ovviamente, una simile premessa potrebbe far desistere dall'acquisto, ma sarebbe un peccato.
Infatti, anche se forse distante dalle vette raggiunte nelle opere più famose, "Un anno terribile" è un racconto di rara intensità, e dalle sue pagine la figura passionale di Dominic Molise, il dodicenne protagonista, emerge con una carica di simpatia dirompente. Nato da una famiglia di poverissimi emigranti italiani, ha solo una flebile speranza di sfuggire a una vita di miserie e stenti: riuscire a mettere a frutto il Braccio - il suo potentissimo braccio sinistro, donatogli, ne è convinto, da Dio - per entrare in una squadra di baseball della major league.
Ma come riuscire a partire, voltando le spalle a suo padre, che vuole fare di lui un muratore e fondare finalmente l'impresa edile di famiglia sempre sognata?
In poco più di cento pagine, Fante tratteggia da par suo i turbamenti del protagonista per il suo primo, irraggiungibile, amore; la miserevole condizione degli emigranti italiani negli USA; e un memorabile quanto controverso rapporto padre / figlio.
Tutto ciò raccontato con un accento tragicomico unico.
Che dire? Sarebbe stato davvero un peccato lasciare nel cassetto un racconto simile.
giovedì 13 agosto 2009
Per il giallo Mondadori, "Appuntamenti in nero", ma non certo al buio
Ieri mi stavo gustando la lettura di "Appuntamenti in nero" di Cornell Woorlich, recentemente ristampato ne "I classici del giallo Mondadori".
Ero totalmente immerso nell'atmosfera cupa del romanzo, avvinto dalla prosa di Woorlich, in attesa di sapere come l'inesorabile vendetta del protagonista sarebbe arrivata, chiedendomi chi e perché l'avesse privato del suo unico, vero, amore...
...quando mi è caduto lo sguardo sulla quarta di copertina, che di solito non leggo mai. Lì era spiegato per bene quale destino incongruo aveva spento la vita dell'amata Dorothy. Woorlich, chissà perché, aveva scelto di rivelarlo solo verso la fine dell'opera.
Ringrazio sentitamente la casa editrice per avermi risparmiato l'attesa e la sorpresa.
mercoledì 12 agosto 2009
“Ho freddo” di Gianfranco Manfredi
Classificare questo libro di Manfredi con le etichette elaborate per definire i vari generi è difficile e condurrebbe probabilmente a un errore.
L'unica definizione che mi pare calzare è quella che gli ha dato un mio amico a lettura ultimata: è il libro di vampiri che non ti aspetti.
E ciò vale sia per la forma che per il contenuto.
Infatti, se la narrativa contemporanea pare rincorrere la sintesi nel nome del ritmo e della tensione, in questo testo di oltre 500 pagine personaggi e ambienti sono invece minuziosamente descritti e anche i dialoghi grondano spesso di informazioni e riferimenti storici; così che accostare “Ho freddo” al romanzo ottocentesco, almeno per quanto riguarda la sua complessa struttura, non pare un azzardo. La tensione narrativa è spesso penalizzata, ma il risultato finale è quello di restituire una ricostruzione vivida di una certa società americana di fine '700.
E' però il contenuto dell'opera a sorprendere di più. Già sulle pagine del fumetto bonelliano “Magico Vento” di cui è creatore, Manfredi aveva raccontato il West in modo inedito: da episodi storici documentati ha tratto spunti per storie appartenenti ai generi più vari, dal thriller al giallo, passando per l'horror e il mistery. Con “Ho freddo” un procedimento creativo simile si ripete per fondere, nella struttura di un romanzo, una inchiesta storico-giornalistica e una riflessione religiosa e culturale.
Protagonisti della vicenda sono i fratelli gemelli Aline e Valcour, rispettivamente ricercatrice scientifica e medico. Insieme al giovane pastore protestante Jan Vos, si imbattono in alcune epidemie di consunzione che davvero mieterono varie vittime nello stato del Rhode Island. La popolazione, trovandosi a fronteggiare un male all'apparenza imbattibile, non ha dubbi: è il frutto dell'opera del demonio e solo rituali feroci, frutto di credenze superstiziose, possono scacciarlo. E i malati di consunzione che diffondono il morbo finiscono presto per essere considerati vampiri, “ladri” di vita.
Così, i protagonisti non devono combattere solo contro l'infezione, ma anche contro il pregiudizio e l'incultura.
Nelle note finali al volume, Manfredi scrive: “Sono intimamente convinto che il romanzo sia tuttora la forma espressiva più interattiva che esista, e che l'immaginazione di chi scrive, una volta espressa in parole stampate, possa diventare narrazione solo se rielaborata dall'immaginazione di ogni lettore.” In queste parole, non si cela solo una giustificazione alle scelte che hanno caratterizzato la creazione di quest'opera, ma anche una risposta ai tanti che ritengono il medium scrittura superato dalle nuove tecnologie.
Così, dimostrando di credere fortemente nelle potenzialità della narrazione scritta, Manfredi concepisce un testo complesso e di certo più impegnativo dei tanti a tema “Vampiri” che furoreggiano di questi tempi; un testo che non solo avvince, ma informa e induce a porsi diversi interrogativi, tutt'altro che banali.
E forse ci svela anche la vera origine del mito dei vampiri.
Davvero niente male, per un romanzo.
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