lunedì 3 dicembre 2007

Videogiocatori cattivi, cattivi!


Anche se, come ho scritto qui, la mia vera passione videoludica risponde al nome di Pro Evolution Soccer, non disdegno affatto altri titoli, tra i quali Grand Theft Auto e certi first person shooter dall'indole poco raccomandabile.
Mi sento quindi indirettamente coinvolto dall'ultima polemica contro i videogames sollevata dall'uscita del film-documentario “Moral Kombat”, di cui danno notizia i siti specializzati.
In sostanza, si tratta della trita convinzione che videogiochi violenti inducano alla violenza. Per la verità, la tesi sostenuta dal film è che dietro l'undici settembre ci sarebbero i videogame che, nel rappresentare fedelmente i controlli di volo degli aerei, hanno consentito ai terroristi di prepararsi al meglio...

A mio avviso, i videogame stanno diventando, se già non lo sono, un medium a parte, a cui andrebbe riconosciuta la stessa dignità tributata agli altri linguaggi che nei videogames si fondono.
Inoltre, penso che quando andiamo a vedere un film, leggiamo un libro o un fumetto, rispondiamo a istanze simili a quelle che ci inducono ad accendere una console: una di queste è certamente il desiderio di vivere esperienze diverse da quelle di tutti i giorni.
Se chiudo gli occhi, mi raffiguro accanto a Indiana Jones mentre è inseguito dalla pietra enorme ne I predatori dell'arca perduta; ancora, non ho difficoltà a visualizzare la Los Angeles dei romanzi di Chandler e a vederla con lo sguardo disincantato di Philip Marlowe.
Allo stesso modo, l'adrenalina che provo rubando un'auto e capeggiando una gang di criminali in Grand Theft Auto stuzzica la fantasia e appaga il mio desiderio di sapere cosa si prova a compiere atti che non compirò mai.
Tuttavia, libro e film seguono il percorso imposto dal narratore; nel videogioco, invece, il solo limite è spesso la fantasia di chi impugna il joypad.
Ciò significa che tutti i giocatori di Hitman, Grand Theft Auto, ecc. sono criminali in pectore?
Non credo. Non più di quanto lo sia un regista di film di gangster, almeno.
Penso invece che una parte del divertimento risiede proprio nel sapere che la violenza si esaurisce sullo schermo; quasi una catarsi, insomma.
Ora scusatemi. Devo imbrattare qualche muro con dei graffiti e rubare una spider che mi attizza parecchio.
E se la polizia di San Andreas riuscirà a mettermi le manette, non emetterò un lamento.

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