domenica 11 novembre 2007

Il potere di una parolaccia

Qualche giorno fa, sono andato a nuotare nel nuovo centro sportivo della mia città.
Si tratta di una tipica costruzione "da terzo millennio", di quelle che a me trasmettono sempre un senso di alienazione, come gli "outlet" e i "mega store": spazi enormi, strutture ardite e soluzioni esteticamente azzeccate, ma anche quel senso di allegria imposta che a me infonde tristezza.
Oltre a ciò, quel giorno i nuotatori erano pochi e gli spogliatoi, pensati per ospitarne qualche centinaio, riecheggiavano del più piccolo rumore, cosicché ci aggiravamo tutti in punta di piedi, quasi fossimo stati in chiesa.
Mi sono accinto a fare la doccia e ho subito notato che mancavano ancora le mensole porta-sapone.
Sempre osservando il più rigido silenzio, ognuno dei presenti ha dovuto fare i conti con quella mancanza e si è ingegnato a modo suo. Chi ha appoggiato, come me, il bagnoschiuma per terra, chi l'ha messo in equilibrio sulla parete divisoria tra una doccia e l'altra, ecc.
Un signore grassottello ha pensato bene di appoggiarlo al rubinetto della doccia.
Pochi istanti dopo, la bottiglia di bagnoschiuma gli è caduta su un piede, facendogli dimenticare il silenzio che l'ambiente ci aveva imposto.
Prima ha emesso un mezzo ululato, poi la più comune delle parolacce. Una di quelle di cinque lettere. Una doppia nel mezzo. Ci siamo capiti.
Io e gli altri non abbiamo osato metterci a ridere (anche se il primo impulso è stato quello), ma ci siamo limitati a una mezza ghignata e a scambiarci occhiate d'intesa, fino a quando qualcuno ha detto che avrebbero dotuto finire le docce prima di aprire al pubblico e tutti, anche il signore col piede tumefatto, abbiamo convenuto sul punto.
Il velo era stato sollevato e ci sentivamo più uniti dei tre moschettieri.
A conti fatti, sono contento che i lavori non fossero ancora stati completati. Dopo questo episodio, con l'eco di quella imprecazione ancora nelle orecchie, tornerò a nuotare sentendo il centro sportivo meno alieno e più mio, a dimostrazione del fatto che anche la più ardita e fredda concezione architettonica nulla può di fronte al calore di una parolaccia.

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