domenica 17 febbraio 2008

Into the wild


Che cosa faccio dopo la laurea? Mi iscrivo a un master? A un corso di lingue all'estero? Accetto uno stage nella speranza che qualcuno si accorga di me e mi assuma?
Oppure dono i miei risparmi in beneficienza, volto le spalle alle regole precostituite della società e faccio rotta verso l'Alaska, per vivere solo secondo le leggi della natura, libero da ogni altro vincolo?
Chris, il protagonista del film di Sean Penn, tratto da una storia vera, abbandona genitori e sorella e sceglie quest'ultima opzione.
Ha un'inclinazione innata per l'avventura, e a ventuno anni si sente già disgustato dai compromessi e dalle bugie della vita cittadina.
E' ingenuo e testardo, come solo può essere un ventunenne, ma fa tesoro di ogni esperienza e di ogni incontro, tanto da trasformare ciò che sembra una fuga in una vera e propria ricerca.
Chris fugge dalle imposizioni e dalle scelte obbligate, ma solo per capire cosa sia la vera felicità e quali siano le cose realmente importanti.
L'argomento potrà essere trito, ma il film di Sean Penn è bello e toccante, e ci pone di fronte a interrogativi rilevanti, a cui è difficile, e scomodo, dare risposta.
Quanto della nostra esistenza abbiamo davvero deciso e quanto invece abbiamo accettato passivamente? Siamo davvero ciò che avremmo voluto o ci siamo lasciati portare dalla corrente? E' giusto volgere le spalle anche a chi ci vuole bene pur di raggiungere la libertà assoluta?
Chris sembra aver trovato la propria risposta per ognuno di questi interrogativi e la sua vita, ricostruita da Sean Penn grazie al diario di viaggio di Chris, è divenuta un film dalla fotografia mozzafiato e dal forte impatto emotivo. La bellissima colonna sonora di Eddie Vedder è tanto struggente da rendere ancor più vibrante la partecipazione dello spettatore.
Vedetelo.

p.s. Visto il film, mi sono tornate in mente le parole di un libro che non leggevo da un po': "Ognuno deve lasciarsi qualche cosa dietro quando muore, diceva sempre mio nonno:un bimbo, o un libro o un quadro o una casa o un muro eretto con le proprie mani o un paio di scarpe cucite da noi.O un giardino piantato col nostro sudore. Qualche cosa insomma che la nostra mano abbia toccato in modo che la nostra anima abbia dove andare quando moriamo, e quando la gente guarderà l'albero o il fiore che abbiamo piantato, noi saremo là." - Ray Bradbury

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